domenica 11 settembre 2016


P. Newman - Non è Francesca - olio su tela, 2016 coll. privata


Le serie Tv


Dexter, un simpatico ematologo della polizia scientifica col pallino dei serial killer, uccide l'ennesimo pericoloso criminale grazie agli insegnamenti del defunto padre Harry che gli appare in visione più nitido della madonna di medjugorje e lo conforta come farebbe un qualsiasi buon padre col proprio scapestrato figlioletto. Commette però un tragico errore: l'uomo ucciso non è un crudele ricercato, ma Varro, un mite romano costretto dai debiti a diventare gladiatore e a tentare la fortuna nell'arena. Qui conosce Spartacus che venuto a conoscenza della morte dell'amico giura vendetta.
Innanzitutto lui non è, e non sarà mai, uno schiavo; e poi non è nemmeno spartano ma trace e se c'è una cosa che non si deve mai fare, è dare dello spartano ad un trace: è come dare del romanista ad uno della lazio. Enomao pare comunque essere dalla sua parte, ma Crisso cerca in tutti i modi di mettergli i bastoni tra le ruote: ha infatti perso il titolo di campione di Capua e non fa altro che tentare di morire per riprenderselo. Ma è Lentulo Battiato, lanista napoletano nonché padrone della scuola di gladiatori, il suo più grande ostacolo. L'occasione propizia per scappare e fare una carneficina gli si presenterà proprio quando Battiato, in preda ad un delirio mistico mezzo sufi e mezzo brahaminico, verrà allontanato dalla corte del magnanimo Crocetta dopo aver dichiarato che “In parlamento ci sono troie disposte a tutto”.
Confinato quindi nella città di Approdo del Re, ridente cittadina in provincia di Matera, viene accolto benevolmente dal nano Tyrian Lannister: Battiato, da buon siciliano, si presenta con un vassoio colmo di prelibatezze quali cannoli di piana degli albanesi stracolmi di ricotta fresca e bigné alla crema gialla.
Ma Approdo del Re (Mt) è la patria della famiglia Gallagher, composta da individui al limite dell'assurdo che cercano di sbarcare il lunario tra mille avventure. Il capostipite Frank non fa altro che generare una moltitudine svariata di figli e cerca di combinare un matrimonio segreto tra Lip, ragazzo geniale che purtroppo scivola sempre a causa delle scarpe scivolose, e la figlia di Tony Soprano. Questi accetta causando però una faida con la famiglia Savastano. Il boss newyorkese aveva sì promesso un matrimonio al boss di Gomorra, cittadina alle pendici del vesuvio, ma pensando che Genny fosse un nome femminile, aveva convinto il figlio a fare le valigie e raggiungere la futura sposa in italia. Quando l'equivoco si svela, è troppo tardi e non ci sono più i margini per una trattativa, nemmeno l'intervento del boss delle cerimonie riesce a placare gli animi. Scoppia una guerra di proporzioni assurde, tutti contro tutti, famiglia contro famiglia: la costruzione della ferrovia viene addirittura sospesa e Cullen Bohannon e la sua squadra di tagliatori si schiera con gli indiani Cheyenne, Ragnar Rollo e Floki approdano in inghilterra dove conoscono Sookie Stackhouse e Bill Compton ed insieme abbandoneranno il sangue sintetico per tornare al meraviglio sangue vero.
Ma Spartacus non è ancora soddisfatto: il suo amico non è ancora stato vendicato. L'avanzata dell'esercito romano, purtroppo, minaccia la sua coalizione proprio alle pendici del vesuvio, luogo scelto come campo base nonché proprietà dei Savastano. Questi cerca di convincere Spartacus ad uccidere il nemico ma al di lui rifiuto, incarica il fidato Ciro detto Cirù, di ucciderlo. Tra i due scoppia una violenta lite: il trace non capisce una parola di napoletano mentre il napoletano non capisce una parola di italiano e soccombe sovrastato dalla brutale perizia del gladiatore.
Dexter dal canto suo, venuto a conoscenza del tentativo di Don Draper di influenzare negativamente il suo operato tramite una campagna pubblicitaria della Sterling Cooper, si finge morto e viene ricoverato al Seattle Grace Hospital dove è costretto a subire una serie infinita di pipponi e le avances della coreana Cristina yang, che cerca di sedurlo per fare ingelosire il collega Owen Hunt, meglio noto come Lucio Voreno, prima lancia della XIII legione che con il fidato Tito Pullo, il famoso figlio di Pullo, è stato incaricato da Giulio Cesare di conquistare la Gallia e sconfiggere Vercingetorige.
La cartella medica di Dexter arriva casualmente nelle mani del dottor House che in preda allo sconforto per il tentativo fallito di guarire un uomo sano, cerca di uccidersi infilando una forchetta nella presa della corrente.
Nel frattempo un professore di liceo in crisi economica, Walter White, si lancia nel mercato dello spaccio sintetizzando una nuova metanfetamina. Ma il figlio Malcom non è d'accordo e contatta il deputato Frank Underwood che grazie ad una serie di intrighi e di manovre ai limiti dell'illecito, porterà in discussione un piano di legge per rendere legali una larga serie di sostanze psicotrope, metanfetamine in primis.
Ma Frank è in realtà un debole e cadrà affascinato dalla combattiva natura di Lorelai Gilmor, madre nonché amica di Rory che in quanto madre ed amica di un adolescente, vorrebbe che il disegno di legge non passasse e convince la figlia, laureanda al California Institute of Tecnology di Pasadena a parlare con il signor Wolowitz e l'astronomo Koothappali: tra le conoscenze dei due c'è infatti quella del brillante e geniale nonché megagalattico rompicoglioni Sheldon Cooper. Questi verrà incaricato di costruire una macchina in grado di riportare in vita Varro. Ma Spartacus muore proprio prima di vedere compiuta la sua vendetta e lo stesso capiterà a Dexter, vittima innocente delle paranoie moraliste che vengono annunciate dall'altoparlante dalla dottoressa Grey.
La macchina verrà comunque inventata e ribattezzata “Pensiero Profondo”: alla domanda di Varro sul perchè sia stato riportato in vita anche se Spartacus è morto, dirà l'unica cosa possibile che si può dire di tutta questa storia: 42!

mercoledì 31 agosto 2016





















Diamo spazio a contenuti che si sono persi nella storia, ma che hanno guidato uomini e donne nelle loro scelte e nelle loro vite.
Questa è la storia di un'oscura religione pre-babilonese, non sappiamo se esistano ancora dei seguaci, che conserviamo in appena pochi frammenti. Ecco uno dei più significativi.

Si racconta che la notte dei tempi il giovane Manunzio, sorpreso da una tempesta di meteorismo, cercò riparo rotto un giunco di papiro della specie a foglia larga.
Lo colse il sonno, ma poco prima di addormentarsi, una voce prese a chiamarlo.
Manunzio, ridestatosi improvvisamente, guardò in alto intravedendo qualcosa. 
Una figura che volteggiava a mezz'aria irradiando una luce abbigliante, prese a parlare e disse:
"Oh Ammuz'Zio, sono l'arcangelo Sordillo, il diversamente-Angelo. Sono stato mandato qui dall'Eterno, dal Sommo, da colui che tutto può, per portarti la lieta Novella!
TIEPITA, AMMUZ'ZIO!"
Ma Manunzio non capii e chinando il capo disse:
"Io mi chiamerei Manunzio... Non ho capito, non parlo la tua lingua..."
Allora un tuono squarciò il cielo e la terra tremò, l'acqua ribollì nei mari e la voce di prima gridò fortissimo, con un grido che mai nessuno gridò più su questa terra:
"TIEPITA,  AMMUZ'IO!" .

mercoledì 10 settembre 2014

Cronaca di un Disagio Esistenziale


Superman Banana - SeVambè, pagheranno gli italiani come al solito - carboncino su foglio bianco - in vendita


Cari lettori,
vogliamo portarvi una drammatica testimonianza di come oggi sia facile perdere i propri riferimenti esistenziali.
Questo non vuole essere un modo per trattare argomenti di facile presa emozionale, ma solo per ricordare a tutti noi che lavori alienanti, maleducazione imperante ed egoismo galoppante, il tutto condito da psicofarmaci vari, rischiano di farci smarrire il nostro vero io, cioè per quanto riguarda Te lettore, il tuo vero Tu.


Come ricevuta riportata


Una volta ero un poeta, ma di quelli con la OETA maiuscola. Scrivevo poesie che presto diventavano best seller della poesia mondiale, ma che dico mondiale anche di più.
Ma un giorno fui colto dal malessere che coglie i poeti ed in quanto io lo fui la malattia mi fu.
Fui un fui fù.
Questa malattia andò a colpirmi proprio quella parte del cervello che controlla la funzione delle rime. Da quel giorno ho difficoltà a fare le rime, mi escono male, non mi riescono, è veramente inibitorio, è come morire. Sono nell'inibitorio della rima.
Ma dicevo neanche riesco a fare rime semplici tipo quelle alla valeria rossi, le sento, le capisco ma se provo a pensarle me le dimentico. Mi escono cose strane tipo:

“Larga la foglia stretta la via
e io ti lascio questa mia firma”.

SONO ROVINATO!!!
Da tre anni sono in un centro all'avanguardia per lo studio di questo male che affligge noi poeti, ma sono un caso disperato, me lo hanno detto i medici... ma io spero sempre che un giorno, così per caso, mi esca una rima ed allora forse guarirò.
In questi giorni ho fatto qualche piccolo passo in avanti. Questa è l'ultima cosa che ho provato a scrivere.

Il mio cane abbaia Bao bao

è il suo saluto intende Ciao ciao

ma io ho un pesce

ed è un maleducato

perché da quando esce

non mi ha mai salutato.

Ora ho un criceto

ma mi è mi è morto

e non voglio più animali.

Sigh!!!!

Firmato Un Poeta Estinto





Bisogna aggiungere altro? Non ce la sentiamo.





domenica 29 giugno 2014

Mondialolimpiadi

Padre Farrel - Ho tanta gioia dentro al mio cuor - colori a cera su a4 - 2013 coll. privata

Cari amici lettori di muco filiforme in questa estate di sport, di pomeriggi mondiali, di umidità al 98% e canicola infernale, in questa estate di atletica, motori, tennis e cavalli mi sono ritrovato a pensare a quando, giovane virgulto, anche io appartenevo alla schiera degli italici atleti.
Come qualsiasi integrato bambino anni '80 ho spaziato fra gli sport più vari: Pallone (da non confondere con il calcio), bicicletta (da non confondere con il ciclismo), palestra (ad oggi non ho ancora capito cosa facessi), arti marziali varie tipo judo e semicontact e tiro con l'arco.
Fra tutti questi, quello che più di tutti mi ha segnato facendo scaturire in me il germe della follia, fu proprio il tiro con l'arco ed è giunto oggi il momento di condividere questa esperienza.
Tutto iniziò quando a scuola durante una sonnecchiosa ora di educazione fisica, il professore chiese chi volesse provare ad intraprendere la sopraccitata attività sportiva. Non so come mai, ma vincendo una riluttante diffidenza verso qualsivoglia attività extra-curriculare (come vengono oggi definite) mi proposi. Inizialmente devo dire mi sembrò abbastanza divertente, mia nonna mi fece una faretra in jeans che mi rese l'arciere più casual del mondo, non avevo pressioni ed eccetto alcune ustioni da corda sul braccio sinistro, tutto era tendenzialmente piacevole. Dopo pochi incontri, però, le regole dello sport e l'intrinseco senso dell'arco e delle frecce, fecero scaturire in me un'ansia da prestazione non indifferente. Intanto è uno sport che prevede una tranquillità, una precisione ed una mano ferma che in fase adolescenziale, per vari motivi, sono pura utopia. Inoltre si dovevano scagliare tre frecce in tre minuti, un tempo di per sé ragionevole ma che a me sembrava brevissimo, col risultato che i miei tiri avvenivano in maniera ravvicinatissima con sommo maleficio per la precisione.
Invaso da una sorta di delirio zen, ero convinto di non dover contrastare l'errore ma di assecondarlo. L'opposto assoluto al concetto di precisione sarebbe prima o poi coinciso con la cecchinità. Se errare è umano e perseverare è diabolico, sarei diventato una sorta di arciere del diavolo.
Assecondai il mio delirio fino a rimuovere il mirino per aderire alla categoria "arco nudo" dove concorrevano gli arcieri de lux, quelli bravi tipo robin hood per capirci.
Cercavo di scoprire un metodo o forse una metodologia. Tutti i discorsi tipo svuotare la mente, fissare il bersaglio, sentire l'arco come un prolungamento del proprio corpo, vedere il volo della freccia prima di averla scagliata, su di me non avevano alcun effetto. La mia mente era e continuava ad essere un guazzabuglio di pensieri: non ero Karate Kid ed il professore non era un vecchio cinese di un metro e venti che acchiappava mosche con le bacchette. Lui veniva dal villaggio Santa Rosalia. In effetti non mi risultava che via Ernesto Basile fosse famosa per i suoi arcieri.
Tutto l'esperienza assunse una dimensione paradossale, la ritualità arcieristica veniva sorpassata da una irrequietezza tipica dell'età, iniziai a notare che intorno a me c'era una perenne ricerca di materiali perfetti per migliorare la performance, mentre io avevo il portafrecce in jeans... erano di mia zia Annamaria, ma non le venivano più.
Capii definitivamente che non era il mio sport quando un giorno esercitandomi in campagna, colpii una A112 posteggiata creando un graziosissimo foro vicino al tappo della benzina. Per fortuna non lanciavo frecce infuocate (era comunque nei miei progetti). In un'altra occasione, durante un allenamento nella palestra della scuola, bucai per tre volte il muro dietro il bersaglio e la porta del bagno delle ragazze. Ogni volta mi dicevo “La prossima andrà meglio”.
Ovviamente i miei amici non mi stimavano abbastanza come arciere da mettersi una mela in testa al mio cospetto,  sicuramente non si sarebbero convinti nemmeno se il frutto fosse stato un melone. Mi fu diagnosticato uno strabismo isterico dell'occhio dominante. 
Oggi credo che ogni freccia lanciata andava dove fosse giusto che andasse, senza alcuno scopo o forse no. Non scoccavo dardi né per sopravvivenza né per motivi di guerre rinascimentali e se sei una persona che non possiede nemmeno un minimo di disciplina interiore, non puoi cimentarti in attività di precisione. Oppure puoi farlo ma il risultato sarà proporzionale al tuo livello di autocontrollo.
Il divertimento era lanciare la freccia, non fare centro; vedere il volo del dardo, non dove si conficcava.
Tutto quello che aveva a che fare col quantificare il risultato del tiro non mi interessava. In fondo era tiro con l'arco, non freccia al bersaglio.


                                                                                                                                                  Guglielmo O'tellurico

sabato 31 maggio 2014

Luoghi Comuni non Geografici


Marc Apologé - Nuovi modelli Fiat - matitine e colori su a4 - torino 2014

La redazione di Muco Filiforme ha deciso di intraprendere una campagna culturale contro la corrente pseudo culturale, fortissima sul suolo italico, meglio conosciuta come Luogo Comunismo®.
Questa corrente fà del luogo comune la sua bibbia e i concetti espressi si nascondono nelle pieghe del quotidiano come le briciole nel giro vita di Ferrara. La nostra crociata consisterà nel denunciare come dei novelli censori questo mal costume culturale.
Quante volte per esempio, quante, avete sentito dire il Luogo Comunissimo "Vabbè però è bello dentro"?
Ora, premesso che noi affrontiamo questo argomento da belli e che voi in quanto lettori di Muco Filiforme sicuramente lo siete, indispone il fatto che ciò venga detto con palese vergognosa ipocrisia. Chi nelle umidicce notti fatte di polluzioni sogna una bella dentro? Forza alzate le mani !! Chi fra le graziose lettrici nelle oniriche fantasie sogna un principe azzurro bello dentro che arriva su un asino purosangue dentro? Forza, stiamo aspettando...
Tutto questo scialbo etichettaggio simile ad un inventario della rinascente, non si cura minimamente di quella schiatta di poveracci unti da questa infamia.
Riflettendo sull'argomento emerge un'altra incongruenza: Se comunque trattasi di qualità, chi coltiva questo dono? E' un pregio universalmente noto?
La bellezza va curata, è un patrimonio, e la bellezza interiore ha un vantaggio intrinseco, con l'età non avvizzisce. Ma allora ci chiediamo, dove sono le beautyfarm interiori? E poi perché solo belli dentro? Noi per esempio abbiamo un amico che è palestrato dentro. Ha fatto molta ginnastica interiore e nonostante apparentemente il suo involucro corporeo si manifesti gracile e giallino, dentro è palestrato ed anche un po' governatore. Ha vinto mister universo dentro, è stato scritturato ad holliwood per dei film d'azione immaginari, possiede dei pettorali interiori da fare impallidire qualsiasi boxer e bicipiti che rendono ridicolo anche il noto Braccio di Ferro sotto l'effetto del portentoso ortaggio. Ha aperto una palestra emotiva dove si allenano i buoni sentimenti e questa estate terrà una rubrica sulla rivista "Muscoli questi Sconosciuti" in cui elargirà consigli ai lettori in merito alla prova costume dentro, su come rassodare interiormente glutei inesistenti e su come affrontare un'estate da Briatore dentro.
Ovviamente tutto ciò apre scenari inaspettati. Vengono a decadere vari modi di dire tipo “Moglie e buoi dei paesi tuoi' in quanto il bovino potrebbe sentirsi culturalmente legato a tradizioni estere apprese grazie alla globalizzazione (per esempio festeggerà halloowin, festa di recente introduzione assimilata a causa del colonialismo culturale a stelle e strisce e che soppianta la nostra festa dei morti con pupa di zucchero annessi). Oppure “Non esiste più la mezza stagione”. Ma in riferimento a quale unità di misura?
La società moderna è intrisa di luoghi comuni perché il qualunquismo assopisce le coscienze e questo permette l'esistenza di dinamiche usa e getta che non permettono una visione critica dei fatti. Altrettanto infelice è il detto contadino “Scarpe grosse e cervello fino”. Secoli di evoluzione cancellati da una inesistente diagnosi di ipocelebrismo con una maliziosa allusione al cattivo gusto nella scelta delle calzature. Ma il contadino possibilmente vive in una valle verde e quindi saranno calzari suoi.
Oggi il nostro amico palestrato dentro è impegnato in molteplici avventure, si sta preparando a scalare una montagna immaginaria e questa prova di forza interiore lo porterà a vette altissime o nel baratro più buio. Lui però da pioniere trascendente ha deciso di cercare un baratro altissimo perché quello è il posto che lui cerca da sempre e che siamo certi alla fine troverà.